La notte era stata calma, e la barca era entrata in porto scortata da una brezza leggera. Gli occhi si erano adattati in fretta, e avevano riconosciuto senza difficoltà le luci del porto. La luna aveva illuminato l’ormeggio di poppa. Le cime si erano arrotolate sulle bitte quasi da sole.
Lui era sceso sottocoperta e si era seduto al tavolo da carteggio. Aveva scritto qualcosa sul diario di bordo, tanto per finire come si deve il suo lavoro. Poi era entrato in cabina, aveva estratto le sue cose dal gavone e riempito la sacca. Aveva indossato la sua vecchia giacca e preso in mano le scarpe che non aveva più messo da quando s’era imbarcato. Erano robuste ma comode, e gli sembrava di sentirle già ai piedi. Adesso – pensò – tocca di nuovo camminare.
Salì in pozzetto. C’era appena un lucore, nemmeno l’alba. Ma era bellissimo. E calmo. Pensò che diversi anni prima si era imbarcato con la burrasca che sembrava destinata a durare sempre, e negli ultimi tempi i venti erano cambiati di colpo. E la sua barca e lui e tutti i naviganti che ci erano stati sopra erano sopravvissuti, ed erano ancora lì, adesso che il mondo cambiava di nuovo, e sembrava valesse ancora la pena di vivere.
Ma le burrasche del mare non sono tutto, e ci sono le burrasche dell’anima, e sono un’altra cosa. Adesso doveva affrontare quelle, e il mare avrebbe dovuto aspettarlo, per un po’. E l’avrebbe fatto, era sicuro. Perché il mare c’era prima di lui, e ci sarebbe stato dopo. E sarebbe stato lì, se e quando fosse tornato. Gli altri però non hanno lo stesso tempo del mare. Loro aspettano, ma non per sempre. Ci capiscono, ma non per sempre. Ci perdonano, ma non per sempre. Così, adesso, era ora di andare.
Abbassò la passerella. Cercò di non fare rumore. La attraversò, si mise le sue vecchie scarpe. L’alba arrivava. Guardò indietro per un momento, ma solo un momento, e sorrise.
Buon vento, stava per dire. Invece si corresse.
Buona a vita a tutti, pensò.
Commenti recenti