Mentre mi arrabatto con il libro che ormai da cinque anni tento di finire, e che sembra sempre appena cominciato, mi capita una di quelle circostanze che tutti gli studiosi conoscono bene, anche se nessuno studioso le sa spiegare: lavoro sul ruolo di De Gregori nella cultura sottile italiana e in particolare sul suo album Titanic (perché vi si parla di Tenco, del calcio nell’anno dei Mondiali, perché c’è una delle più belle preghiere musicali di sempre…) e ci trovo Centocinquanta Stelle, una canzone che naturalmente conosco benissimo, ma che avevo un po’ accantonato in qualche angolo del cervello. La ascolto, e ci trovo un riferimento a certe bombe che ammazzano le persone ma risparmiano gli scoiattoli. Ecco che scatta il collegamento con la nostra politica in Libia, l’incertitudine che ci prende davanti a una svolta epocale come una rivoluzione contro un tiranno, con il quale abbiamo sempre trattato, e contro il quale adesso ci tocca schierarci per non restare fuori dai giochi. E come lo facciamo? Dicendo si ci siamo anzi no. Si bombardiamo ma non facciamo male a nessuno. Ci dispiace per il dittatore ma stiamo con gli insorti. Una notte della repubblica. Una notte per il Paese. Una notte che sulla Libia sarà illuminata da centocinquanta stelle come quelle di De Gregori, che non saranno stelle, ma bombe. Però di quelle che – noi diciamo rassicuranti – non faranno male.
Ogni tanto mi chiedo chi siamo davvero noi italiani, e non sempre so rispondere.
Buon vento
chiedeva Dossetti: sentinella qjuanto manca al mattino?
Questa notte sembra non finire mai…
By: roberto Carnesalli on 30, aprile, 2011
at 6:56 PM