Dunque, buon ultimo, spendo qualche considerazione sulla fortunatissima trasmissione di Fazio e Saviano (e di tanti altri autori, partecipanti, spettatori). Nessuna pretesa di critica televisiva, e tanto meno di giudizio estetico. Solo qualche osservazione che ho condiviso al bar e nei chiostri con colleghi e amici.
a) La trasmissione è un elenco di elenchi. Elenchi parziali, soggettivi, a volte contro a volte per. Un elenco di elenchi. Come ricorda Eco nel suo bel libro sulle liste, gli elenchi sono una forma di organizzazione razionale (ricordare gli sforzi del protagonista di Caos Calmo o le classifiche di Alta fedeltà di Hornby). Ma un’organizzazione razionale modesta, miope, umile, senza pretese di interpretazione complessiva. Forse ci piace questo, di un formato non usuale: che rispecchi un rischio di razionalizzazione in un luogo e in un tempo in cui la grande razionalità deduttiva e persino l’implacabile lavoro induttivo sembrano in scacco.
b) Alcuni elenchi (parziali, soggettivi, contro o per, come dicevo) danno fastidio. A qualcuno. Allora parte la solita melina del chiedere il contraddittorio. Nel Paese incerto tutti chiedono il contraddittorio, eredità delle battaglie egualitarie, ma insieme la sua deviazione. L’idea che la discussione pubblica debba essere fatta in ogni dove e in ogni quando attraverso il contraddittorio è una follia. La verità è che noi abbiamo bisogno di provare fastidio, non solo adesione. Abbiamo bisogno di provare disagio per sentirci spinti a riflettere. Abbiamo bisogno di un pluralismo di luoghi, non sempre e soltanto a un pluralismo nei luoghi (già nei talk show il pluralismo è finto, perché dà solo modo al più prepotente di neutralizzare gli argomenti magari migliori dell’altro in un lungo estenuante nulla di fatto).
c) Il successo di pubblico. Chi c’è davanti alla Tv? Giovani, diplomati, laureati, ci dice l’auditel. Cioè gente che magari di solito la Tv non la guarda, e che forse smetterà di nuovo di guardarla, dopo. Accanto a gente che la Tv la guarda, ma magari vede altre cose, di solito. Insomma: un evento eccezionale, che fa della propria eccezionalità di evento la propria bandiera. Non può essere la norma. Ma potrebbe esistere la norma senza l’eccezione?
d) Il genere. A che genere appartiene Vieni via con me? Direi a un grande metagenere non televisivo, ma ormai neanche più teatrale. Il genere che porta Travaglio in teatro a parlare per tre ore a centinaia di persone. Il genere che prende lo spunto dal teatro di parola. Il genere che chiede partecipazione, presenza, pazienza al pubblico. Il genere di chi vuole ascoltare, e si bea di ascoltare un discorso filato, organizzato, un po’ classico della monoliticità dell’organizzazione, con pochi spazi (incredibile, no?) all’improvvisazione dei partecipanti. Vecchi temi, nuovi temi. E il desiderio di ascoltare, in quella grande nuvola che è il discorso, che tanto amiamo, e che tanto ci viene sottratto.
Buon vento
Non so perchè, ma ho sempre pensato che certi spettacoli (le “orazioni civili” di Saviano, che una volta erano molto meglio, i monologhi di Travaglio, ecc.) rappresentino l’anticamera del disimpegno. A volte, persino cercato. Magari mi sbaglio, ma è una sensazione che colgo qua e là, al bar o al calcetto.
By: paolo on 24, novembre, 2010
at 11:39 am
Come al solito grazie prof Colombo!
da fb: “Vieni via con me” vogliamo 10 puntate!
By: Itala on 24, novembre, 2010
at 10:33 PM
E’ vero: e’ un programma intelligente proprio perche’ da’ spazio al “discorso” rispetto al finto “dialogo” dei dibattiti politici televisivi. La maggior parte dei quali ormai fa rimpiangere il Processo di Biscardi, che in confronto sembrava un pacato dibattito tra docenti di Oxford di due secoli fa!
By: albert on 25, novembre, 2010
at 10:49 am
Albert, forse non ho capito io, ma mi sa che hai capito a rovescio.
By: Lidia Zitara on 25, novembre, 2010
at 3:12 PM
sorry Lidia, non capisco in che senso ho capito a rovescio…
By: albert on 26, novembre, 2010
at 10:43 am
Dopo molto tempo che di fatto non guardavo la televisione (è una confessione pericolosa per una che fa il mio mestiere… ma tant’è!) lunedì sera ho guardato tutta la puntata di vieni via con me. Ciò che più mi ha attratta, al di là della ragionevolezza di guardare un programma che sta facendo discutere, è stato un filmato su youtube dei due fratelli Servillo che in una delle puntate precedenti duettavano la canzone di Paolo Conte, a loro tre non so resistere. Mi sono divertita, ho pensato di avere trascorso una serata non del tutto inutile, sono stata infastidita da qualcosa.
Faccio dunque parte di quel pubblico in più, che allarga, almeno temporaneamente, il bacino dell’audience televisiva, e che se non ho capito male è un prodotto specifico di questa trasmissione.
Provo allora ad aggiungere alcune considerazioni come membro del pubblico televisivo, parte di una categoria che l’auditel forse classificherebbe: donna, di mezz’età, laureata, consumi culturali tradizionali, mediamente esposta all’uso delle nuove tecnologie….
1. un primo elemento interessante della trasmissione è che mi intrattiene, con momenti anche esteticamente coinvolgenti, su temi che fanno riflettere e fanno venire voglia di discutere e parlare con quelli che guardano il programma con te.
2. ho trovato particolarmente belli i balletti, le coreografie e soprattutto i costumi, balletti sempre basati su un arrangiamento della canzone vieni via con me e con riprese che valorizzano la parte teatrale ed espressiva della danza.
3. ho provato non poco fastidio per l’inefficacia retorica di Saviano, prolisso, non bravo a governare la respirazione (mi sono molto immedesimata con la sua fatica, mi capita praticamente lo stesso quando faccio lezione su un tema che mi appassiona: la passione si vede, ma la mediocrità della performance anche, e sul palcoscenico televisivo risulta amplificata); inoltre talvolta vittima di stereotipi troppo smaccatamente schierati, poco critici nel senso più serio del termine.
4. ho pensato che sarebbe bello avere la possibilità di scegliere più spesso di guardare trasmissioni in cui non devi condividere per forza tutto quello che viene rappresentato, ma in ogni caso intelligenza e piacere sono sollecitati insieme.
5. ho apprezzato l’elenco letto dal Segretario Generale della CGIL, Susanna Camusso e soprattutto il modo in cui si conclude: “Felice il giorno in cui (io donna) non dovrò conquistare niente di più, staranno meglio anche gli uomini”.
By: emanuelamora on 27, novembre, 2010
at 5:27 PM