In una prima stagione, diciamo la primavera, il fenomeno rappresentato dalla discesa in campo di Silvio Berlusconi è stata letta come una paradossale innovazione, ed è stata affrontata con le armi convenzionali della politica tradizionale. I contenuti della sua proposta erano vaghi, e l’insistenza sull’innovazione e sulla personalizzazione sembravano le chiavi di comprensione.
In una seconda stagione, che grosso modo coincide con la vittoria del 2001 e con quella legislatura e che potremmo definire l’estate, il focus principale si spostò: questa volta i contenuti cominciavano a essere più chiari: politica liberal vagamente anni Ottanta, federalismo leghista, leggi ad personam nel campo della giustizia. La battaglia era questa volta sulla qualità di questi contenuti: di questo si discuteva, pur all’interno di un processo di crescente polarizzazione attorno alla figura di una sola persona, come se ogni passo non fosse che un referendum nell’opinione pubblica sulle sue capacità di garantire un programma e uno stile di premership.
Arrivò l’autunno, con la grande vendemmia delle elezioni 2008: il fenomeno sembrava maturo e destinato a una lunga durata, ma questa volta il centro della proposta politica diventava un partito francamente leaderistico, che aspirava a trasformare l’intero Paese in questo senso. Il buonsensismo diventava la regola, il dissenso il nemico giurato. Invece l’autunno è durato poco, perché è subito venuto l’inverno: la stagione in cui tutto appare bruciato dal gelo della politica, della sua fine. Quello che è in gioco è la scomparsa delle istituzioni repubblicane come le conosciamo, la fine del potere di rappresentanza, una sorta di regime del consenso governato dall’alto che fa strame persino della coseddetta audience democracy, e in cui gli elettori possono solo consentire o dissentire dentro se stessi, perché non possono nemmeno scegliere i propri rappresentanti; né tantomeno possono capire gli argomenti della politica che riguarda la loro vita, perché tali argomenti vengono cancellati e manipolati da un’informazione di maniera; e d’altronde anche i rappresentanti nominati ed eletti di fatto dal potere possono dissentire.
Per paradosso, tutto questo avviene anche nel gelo della vita che comincia a stringere il leader e i suoi accoliti: un gelo in cui al consenso ampio e alla speranza si sostituiscono l’idolatria cieca e la paura.
Non stupiamoci troppo se è difficile opporsi e combattere contro queste generale inverno: tutto sembra congelato, bruciato, ci si muove con lentezza, nel grande deserto bianco senza vita.
Una brutta stagione, l’inverno, questo inverno. E la primavera prossima sembra così lontana.
Buon vento
“fischia il vento, infuria la bufera”…
Purtroppo l’opposizione (in senso lato, anche quella civile, morale) assomiglia molto alle “scarpe rotte” della canzone
Eppur “bisogna andar, a conquistare la nostra primavera”.
I compagni di vento, comunque, sono una bella compagnia…
By: roberto Carnesalli on 19, settembre, 2010
at 5:05 PM
Sarà un generale inverno, lungo e forse molto triste. Però confido nella primavera, che prima o poi arriverà e porterà un cambiamento. Con l’aiuto di un buon vento.
By: alessandra r on 20, settembre, 2010
at 10:21 am
Certo che questo inverno polare del berlusconismo ci regala delle perle di idiozia sulle quali ci sarebbe solo da ridere, se non parlassimo di una situazione molto pericolosa per la sopravvivenza della nostra comatosa democrazia:
leggo qui:
http://www.repubblica.it/politica/2010/09/19/news/causa_guzzanti-7221751/?ref=HREC2-7
che il geniale autore dell’inno “a Silvio” intende querelare S. Guzzanti, BBC e qualche altra istituzione mondiale per aver utilizzato in modo “improprio”, cioe’ fuori dal contesto celebrativo del Sultano in cui lui l’aveva pensato, tale mirabile capolavoro.
Si aspettano querele anche da parte di Wagner per “Apocalypse now” e da parte di Strauss per “2001 odissea nello spazio”…
Buon vento gelido!
By: albert on 20, settembre, 2010
at 2:24 PM