Pubblicato da: faustocolombo | 29, marzo, 2010

In attesa…

Mi sono immaginato finalmente il mio libro sulla storia dell’immaginario italiano. Dovevo immaginarlo, per cominciare a scriverlo, per ragioni ovvie, visto l’argomento. Così finalmente inizierà la scrittura.

Posso raccontare cosa ho immaginato di scrivere, in questa mattina di attesa, nella consapevolezza che molto potrebbe cambiare, a partire da oggi pomeriggio.

Questo Paese, questo Paese leggero nel senso di come viene chiamata la musica pop in Italia, passa i suoi decenni sognando il suo futuro, e qualche volta il suo presente. Ma i sogni cambiano consistenza, di periodo in periodo, di decennio in decennio. I nostro padri e le nostre madri che sognavano la ricostruzione la immaginavano come un mondo nuovo, che nasceva dalle macerie. Un mondo in cui la morte, la distruzione, ma anche la delega a un solo uomo al comando fossero archiviate per sempre. Era un progetto. Un solido sentire nelle proprie mani che il futuro stava cominciando, ed era fatto di mattoni e aratri, e domani di fabbriche e uffici. Ma assomigliava al passato, purgato una volta per tutte dalle sue malattie.

Poi a quel sogno caldo e terrigno si è sostituito un sogno più grande e ardito, nutrito dal boom economico. Era un sogno che diventava presente a ogni istante. Era una vita più comoda, più sicura, una democratizzazione del consumo dei ricchi, che teneva ancora i piedi nei saldi valori dell’anteguerra e della resistenza, ma guardava oltre. Immaginava il tempo a venire come una crescita continua, un miglioramento radicale della condizione umana. Era un sogno, davvero, e mentre sognavano, i nostri padri e le nostre madri, nella realtà qualcosa gli sfuggiva di mano. Le lucciole si spegnevano, Vittorio Gassman correva su una spider fiammante, il Commissario Pepe indagava sugli amari destini incrociati della provincia italiana.

Poi venne l’utopia. Erano ragazzi e ragazze che pensavano che il mondo si potesse cambiare. Che ci fosse un modo diverso di immaginare il futuro, il potere, le relazioni. E che per questo valesse la pena di battersi, rinunciando a tutto, anche a se stessi. L’utopia cozzò contro i sogni dei genitori, e li distrusse, ma non sarebbe sopravvissuta a lungo. Qualcuno si perse al punto da pensare che le idee valessero più delle vite proprie e degli altri. Qualcuno si spaventò e cominciò a guardarsi dentro. Non fu semplice, ma fu un altro modo di sognare.

Arrivò, allora, l’ottimismo. Un sogno fatto di convinzione che ora si potesse finalmente stare tutti bene al caldo, e che perciò non ci fosse più bisogno dei vecchi arnesi: il lavoro delle fabbriche, i diritti civili. Tutto soppiantato dalle partite iva, dall’impiego flessibile, da tanti milioni di imprenditori, dalla finanza facile. La nave andava. Sì. Andava verso il naufragio. Perché quel sogno veniva pagato con terribili lati oscuri: la malavita organizzata, la P2, la partitocrazia, eccetera eccetera. Non poteva finire bene. Quando ci si svegliò, per la prima volta, sembrò che non si potesse più sognare.

Ma la realtà durò poco. Venne l’ultimo sogno. Il miracolo. Un sogno che ti dice che il presente è il migliore dei mondi possibili, e riscrive tutto il passato a propria misura. L’era della passione è cancellata nella violenza. L’era della ricostruzione azzerata dalle ideologie, e via così. E la menzogna del sogno si fa verità. E tanta gente sembra camminare in trance, credendo alla infinita serie di menzogne. Il miracolo è l’ultimo sogno. L’incubo più vero.

Vorrei che finisse. Oggi.

Buon vento


Risposte

  1. Sono veneta e mai come in questo momento ho pensato che sarebbe meglio non esserlo…
    Il mio sogno è finito, sono già nell’incubo della realtà che per mesi ha martellato “Prima il Veneto”. Ma vorrei che i miei figli imparassero a sognare e non solo grazie ai libri: come fare?

  2. Esatto, non è un sogno, è un incubo.
    E non riusciamo a svegliarci…
    Tutto il nord Italia in mano alla destra più xenofoba europea e Roma a un piccolo Duce che nei prossimi tre anni ci farà vedere i sorci verdi.
    Aspettiamo, certo.
    E se Godot non passa?

  3. sigh….sveglio e brusco risveglio…il sogno si è infranto, ma solo per ora…continuiamo a sognare, facciamolo con maggior intensità, azione e determinazione. Tutto questo è irrinunciabile, crediamoci, continuiamo a farlo, per carità!

  4. Più ci rifletto e più non trovo delle spiegazioni a questo comportamento che vede la maggior parte delle persone far finta che tutto vada bene.

    Leggendo le sue riflessioni Prof., l’espressione che mi ha colpito è “che la menzogna del sogno si fa verità”. Abbiamo permesso alla menzogna di insediarsi nel sistema, accettandola come principio, come comportamento instaurato, istituzionalizzato… La menzogna diventa qualcosa che l’italiano accetta come parte del sistema, che dunque è malato. Questo allontanamento dalla realtà è vissuto anche dall’opposizione di governo. Essa sembra far finta di urlare, sembra accettare, in attesa di un cambiamento…cercando di giocare lo stesso gioco di chi ha un potere e una capacità comunicativa immensa. E’ come se la stessa opposizione cada nei giochi di una politica-circo.

    Non credo che sia la strada giusta, credo che un cambiamento debba rinascere da ciò che di buono ha caratterizzato la politica italiana: il contatto e la comunicazione con i cittadini. Scordiamoci per un momento dei media. Se chi ci propina sogni parte da questo potere, l’opposizione deve partire invece dal basso ricercando la comunicazione autentica. Ad esempio: se la lega nord ha vinto, a mio avviso, non è perchè, nella maggior parte dei casi, la gente “ama” la lega nord, ma perchè è l’unica che forse ha ha tentato di comunicare con la gente. Non approvo la “politica” di questo partito, lontana anni luce dal mio modo di pensare e ragionare, ma essa ha saputo insinuarsi laddove la sinistra ha abbandonato il campo, preferendo scontrarsi col maghetto senza possedere gli stessi trucchi di prestigio. Continuando a perdere. Credo che innanzitutto bisogna rendersi conto dei propri mezzi, limiti e risorse e valorizzare queste ultime, non i limiti. Non so, forse è la scoperta dell’acqua calda ciò che dico, ma sinceramente sembra che le cose più scontate siano state spazzate via dalla trance di cui parlava.
    Prof., speriamo che le cose cambino.


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