Un’intervista a Radio Inblu mi fa tornare sul tema che avevo annunciato, allargato alla tragedia di Haiti. Qual è il ruolo – mi chiedeva l’intervistatrice – della rete nel meccanismi che riguardano da un lato i diritti umani (Cina vs Google), dall’altro l’efficacia degli interventi e della solidarietà (il terribile terremoto)?
Mi è toccato rispondere con un sacco di parentesi, incisi, distinzioni, sicché credo che si sarà capito ben poco.
Provo a ridire in modo più ordinato. Per quanto concerne Cina vs Google sono di fronte solo apparentemente i cattivi e i buoni, i totalitari e i democratici. In realtà, bisognerebbe riflettere sul fatto che per molto tempo Google si è piegato ai vincoli del potere cinese, e oggi se ne distacca, dopo un violento attacco hacker contro la rpivacy dei propri utenti (ma in fondo anche contro il sistema in sé). Quel che cerco di suggerire è che siamo allo scontro tra due forme del potere sulla rete (quello tradizionale e quello delle piattaforme) che andrebbero giudicate con una certa prudenza, non perché i cattivi non siano cattivi (anche se bisognerebbe comunque capire anche dal di dentro le logiche di una galassia come quella cinese nelle sue diversità e particolarità), ma perché i buoni magari non sono sempre così buoni… Insomma: quello che ci interessa è capire che i diritti umani contano sempre, e assumono forme diverse. In compenso, le forme del potere sono anch’esse diverse, ma pur sempre forme del potere restano.
Su Haiti. Non c’è dubbio che la macchina informativa messa in campo dai social networks sia preziosa, almeno da due punti di vista: la possibilità di fornire dati e indicazioni utili alle operazioni di soccorso e l’attivazione della catena di solidarietà istituzionale e non. Se proviamo a paragonare il terremoto haitiano a quello di Messina di oltre un secolo fa, vediamo agevolmente la distanza siderale tra il silenzio angoscioso della città siciliana da cui non filtravano notizie e l’onda di piccola comunicazione che proviene da Haiti. Ma sul piano della solidarietà, bisogna aspettare a giudicare, perché l’ondata emotiva (lo ha ricordato sapientemente Boltanski), dà sempre frutto a breve termine. Speriamo che la rete e i social networks possano dimostrare di sapere tenere viva la catena solidale più a lungo di quanto non faccia – per dire – la vorticosa, emotiva e volubile macchina televisiva.
Buon vento.
Caro Professore,
concordo senz’altro su Cina vs Google: entrambe, in realtà, sono forme di potere e la “cattiveria” rischia di diventare un concetto dai confini molto labili.
Rispetto invece al sisma di Haiti, non so esprimere un’opinione sul ruolo che possono avere i social network riguardo l’attenzione da tener viva e la rete di solidarietà (parola che trovo sempre più vuota di significato, ma questo è un altro discorso).
Vale però senz’altro, e la faccio mia in toto, la valutazione di Gramellini, al solito acuta e penetrante, comparsa oggi su La Stampa. Ne cito qualche passo perché merita: “So bene che non possiamo dilaniarci pertutto il dolore del mondo e che persino i santi sono costretti a selezionare i loro slanci di compassione. Eppure non posso fare a meno di riflettere sull’incongruenza di una situazione che [..] mi induce a piangere per un bambino sepolto sotto i detriti, senza pensare che si tratta dello stesso bambino affamato che aveva trascorso le ultime settimane a morire a rate su quella stessa strada”.
Buon finesettimana a tutti
By: Anna S. on 15, gennaio, 2010
at 5:16 PM
il commento di Anna S. (che cita Gramellini) mi ha anche fatto venire in mente un altro risvolto: chissa’ che fine fara’ l’ onda di commozione quando questi poveri disgraziati busseranno alle nostre porte e magari -molto probabilmente- finiranno a massacrarsi di lavoro nelle campagne calabresi, vivendo in quei lager, per raccogliere ortaggi, sottopagati, per favorire il budget dei nostri supermercati…
By: albert on 15, gennaio, 2010
at 8:51 PM
@albert, parole sante. Budget dei supermercati e della mafia. Budget, temo, di buona parte della nostra economia.
Quanto possa fare la rete per questo, non l’ho ancora ben compreso.
By: Anna S. on 16, gennaio, 2010
at 1:08 PM