Una breve considerazione sulle primarie del PD, che hanno mobilitato molte persone, ciascuna di esse disposta a pagare un piccolo obolo di denaro e tempo per eleggere chi guiderà il partito in cui, evidentemente, coltivano (a gradi diversi, ciascuno il suo) una certa fiducia.
La cosa più evidente di questo evento è che può essere rappresentato dai media, ma non davvero compreso. C’è, in alcuni processi, un’impossibilità dell’occhio esterno a intus legere, e un’impossibilità dell’occhio interno a raccontare. Se così non fosse, le interviste volonterosamente richieste alla gente in coda ci direbbero qualcosa, e invece sono – di nuovo – solo rappresentazione, più meno benevola o malevola, di un fatto che viene colto a volo d’uccello e poi via, si passa ad altro.
E invece, la cosa incredibile è che quei tre milioni sono tre milioni di persone diverse, che insieme, nelle loro diversità, compiono un atto politico comune. Disse invece una volta Prodi: è difficile fare il Presidente del Consiglio quando ci sono un sacco di ministri che escono dai Consigli cinque minuti prima per poter fare una dichiarazione alla stampa. Insomma: il fatto è questo. Ci sono atti politici come quelli partecipativi che non si possono rappresentare, e ci sono fatti che con la politica non hanno a che vedere che sono invece perfettamente, eminentemente rappresentabili.
A questi secondi appartiene probabilmente la dichiarazione di Rutelli di volersene andare verso altri lidi, a due giorni dal risultato di una consultazione dove – ça va sans dire – qualcuno vince e qualcuno perde, e provate a immaginare una partita di calcio in cui uno dei giocatori alla fine della partita che la sua squadra ha perso dice, ok, allora io vado a giocare con un’altra squadra del campionato (oddio, succede, ma fa riflettere).
Fine del discorso e piccola moralina: se capissimo che c’è la Politica dei cittadini e c’è la politica dei leader, e che non è la prima che deve imparare dalla seconda, ma il contrario, forse staremmo un po’ meglio di come stiamo.
Buon vento
Ecco, ho avuto esattamente questa impressione, passando un’intera giornata al seggio, domenica scorsa. Mi sono domandato come raccontare quella giornata, le facce, i sorrisi, le parole, gli appelli (nella maggior parte dei casi era: “noi ci siamo, ma speriamo non ci deludano ancora”). Anche i limiti (il primo e più grosso, ho visto pochissimi giovani).
La mattina dopo ho anche provato a scrivere qualcosa. Ma alla fine, forse anche per la stanchezza, mi sono arreso e ho pensato che non sarei riuscito a trasmettere il senso vero di quella giornata.
Forse il senso sta in una frase di Calvino che mi sta molto a cuore e che ho già usato in questi giorni. È tratta dalla Giornata di uno scrutatore:
«Amerigo, lui, aveva imparato che in politica i cambiamenti avvengono per vie lunghe e complicate, e non c’è da aspettarseli da un giorno all’altro, come per un giro di fortuna; anche per lui, come per tanti, farsi un’esperienza aveva voluto dire diventare un poco pessimista. D’altro canto, c’era sempre la morale che bisogna continuare a fare quanto si può, giorno per giorno; nella politica come in tutto il resto della vita, per chi non è un balordo, contano quei due principi lì: non farsi mai troppe illusioni e non smettere di credere che ogni cosa che fai potrà servire».
Buon vento, senza illusioni
By: Silvano on 27, ottobre, 2009
at 7:16 PM