Sottocoperta ho letto la traduzione italiana dell’ultimo libro di Roger Silverstone (ultimo davvero purtroppo, perché Roger se ne è andato da un paio d’anni, lasciando un grande vuoto nel campo degli studi sulla comunicazione), approntata dalla meritevole editrice della mia università, che si sta accaparrando alcuni autori davvero interessanti. Il titolo è Mediapolis. La responsabilità dei media nella civiltà globale (Vita e Pensiero, Milano 2009; l’originale suona Media and Morality. On the Rise of the Mediapolis), e mette l’accento sulla versione mediazzata della Polis, quale si presenta nel dibattito sulla società contemporanea.
Il libro è molto bello: giusto quel che ci voleva per preparare il mio corso dandogli un ordine, soprattutto nel confronto con autori come Habermas, la Arendt, ma anche molti altri con cui Silverstone dialoga piacevolmente e utilmente. Penso che posterò una serie di considerazioni su questo libro, la cui tesi di fondo è più o meno la seguente: I media (tutti, senza distinzioni fra vecchi e nuovi) sono parte costituente della polis contemporanea. Una polis globale, cosmopolita, e insieme percorsa da tensioni e resistenze. Una polis al confine tra la barbarie di ritorno e il salto nel futuro. Una polis che ha bisogno di etica, o, per usare alcuni concetti chiave del libro, di giusta distanza, ospitalità, giustizia.
Osserva Silverstone che la qualità della mediapolis dipende da tutti noi: dalle istituzioni, dagli operatori dei media e dall’audience. Nessuno escluso.
Giusto: pensavo proprio a questo quando stamane ho letto dell’attacco portato da Il Giornale al direttore di Avvenire: un attacco violento, ad personam, con il solito obiettivo di invalidare gli argomenti pacatamente esposti su un giornale non certo estremista, e spesso molto prudente. Non riporterò una parola di questo attacco, né lo linkerò in nessun modo: sapete cosa penso degli argomenti ad personam e non intendo dare ad esso nessuna eco.
Quello che mi preme dire è che attacchi di questo tipo (della serie, lo ribadisco: tu non puoi dire questo perché hai dei cadaveri nell’armadio) sono nella migliore delle ipotesi inutili, nella peggiore (cioè quella in cui si rivelino falsi) dei veri e propri atti di violenza. Proprio così: di violenza trattasi, come la coltellata contro un ragazzo gay, come qualunque altro gesto che sostituisca la dialettica degli argomenti con la scorciatoia della sopraffazione.
Di solito chi usa questi argomenti è svelto ad attaccare le violenze fisiche degli estremisti dell’altra parte. In nome di violenze passate continua a invalidare qualunque idea ritenuta erede di quelle che – a torto o ragione – ritiene abbiano legittimato quelle violenze (penso alle manifestazioni studentesche degli anni Settanta). Ma è – eccome – violento, profondamente. Questa è barbarie, e crea nella mediapolis delle crepe morali che poi legittimano tutto, qualunque sopraffazione.
Non mi pare tiri buona aria. Mentre ero sottocoperta c’era gente che moriva in mare (con il risultato almeno di non essere arrestata per immigrazione clandestina) e mi è toccato sentire sottili distinguo sul rigore delle nostre azioni come Paese… No, non tira buona aria.
Comunque, siccome non mi piace tacere, esprimo la mia solidarietà a Dino Boffo, direttore di Avvenire. Ci siamo trovati a volte in disaccordo, e succederà ancora. Ma – per quello che vale – apprezzo la discussione con persone come lui, sempre interessante e stimolante. Cosa che non mi pare si possa dire di chi in questi giorni lo attacca, nascosto dietro la maschera dei gessati di buon taglio.
Buon vento.
C’è che la mediapolis italiana è una mediapolis anomala. Più che di polis si dovrebbe parlare di tirannide, sempre nel senso greco del termine. Tutto si gioca sulla rappresentazione mediatica. L’etica, figurarsi. Chi stona, paga, soprattutto se appartiene a una fascia considerata decisiva per il consenso. La campagna è appena cominciata. I generali sono stati messi nei posti strategici. Ci vorrebbero studiosi capaci di mettere da parte l’indignazione, perché i prossimi mesi saranno come un grande laboratorio sociologico, un esperimento live sul decadimento democratico di un paese, sull’impoverimento del giacimento di libertà, sul ruolo decisivo del controllo dell’informazione nella creazione (e nel mantenimento) del consenso. Ci vorrebbero studiosi freddi, un po’ cinici, capaci di cogliere al volo la grande occasione: un irripetibile caso da studiare. Peccato che le cavie nel laboratorio siamo tutti noi.
By: Silvano Rubino on 31, agosto, 2009
at 1:37 PM
Un fedele quadro della situazione, mi pare
http://www.repubblica.it/2009/08/sezioni/politica/berlusconi-divorzio-23/berselli-informazione/berselli-informazione.html
By: Silvano Rubino on 31, agosto, 2009
at 2:21 PM
Caro professore,
anzitutto grazie come sempre per il prezioso consiglio di lettura!
Come quasi tutti ho seguito con crescente rabbia in questi giorni la vicenda di Dino Boffo.
E’ da mesi che qui sulla nave si levano voci che denunciano lo scadimento della vita democratica in Italia.
Mi sembra che questa vicenda segni un’ accelerazione (ma si accelera un moto che viene da lontano) e che la lurida officina del potere berlusconiano, di cui Feltri e’ solo uno zelante bottegaio (tutto tranne che un giornalista, se questo termine mantiene un senso) stia facendo vedere di cosa e’ capace.
Ma non vorrei insistere su questo tema, chi ha voglia di ragionare e di informarsi con cura si sara’ fatto un’ opinione.
Vorrei invece parlare di un altro tema che mi sta a cuore.
L’ olio di ricino mediatico in questi giorni ha purgato il povero Dino Boffo ma ha macchiato anche alcune illustri tonache oltretevere.
I vertici della CEI si sono giustamente indignati. E tuttavia mi verrebbe da dire che chi semina vento…
Intendo dire: possibile in questi anni non vedere quale carica di smaccato e violento individualismo, edonismo, xenofobia, intolleranza il potere berlusconiano ha coagulato attorno a se’ ed inoculato nella societa’ italiana.
Davvero qualcuno puo’ ancora sostenere che questo Potere, che in questi giorni abbiamo visto in azione -randellate a Boffo, intimidazioni ai portavoce UE, respingimento indiscriminato di migranti in fuga da guerre civili, inclusi donne incinte e bambini- davvero si puo’ ancora sostenere che questo Potere sia il garante dei “valori cattolici” nella “Metropolis” italiana?
Gia’, ma ci sono la bioetica e la scuola cattolica da difendere, si dira’, e questo lo fa la destra, SB ha gia’ pronte le leggi, la merce di scambio.
Ma si possono usare dei “valori” come merce di scambio? o non dovrebbero i valori essere come “stelle fisse” che orientano il nostro agire concreto, di tutti i giorni, che sostanziano la nostra persona e le danno uno “stile”, cristiano e cattolico- per chi vi si riconosce?
E infatti la societa’ ormai ribolle di difensori dei valori cattolici che smaccatamente in questi valori non credono! Che magari si sposano in seconde e terze nozze con rito celtico in quel di Pontida, o che si vantano del proprio harem, minorenni incluse. Tutto legittimo in democrazia, la morale non e’ legge per fortuna. Ma il tema e’ che questi comportamenti esprimono ALTRI valori, che sono presentati come vincenti e che sempre piu’ spesso si radicano nel profondo e producono comportamenti e pseudo-cultura. Ci si illude che leggi e istituzioni ispirate ai valori cattolici creino per miracolo e per il solo fatto di esserci persone “cattoliche”. Mentre attorno TUTTO contraddice questi valori in modo plateale.
Questo credo sia il tema culturale, politico e “strategico” su cui la Chiesa Cattolica- mi permetto di dire perche’ mi sento nonstante tutto parte di essa- dovrebbe forse riflettere meglio.
Altrimenti proporre -ad esempio- il rispetto della vita in tutte le sue forme, la castita’ e la continenza, l’ onesta’ ed il rispetto, diventa come pretendere di far galleggiare il marmo sull’ acqua.
Buon Vento a tutti e sopratutto a Dino Boffo in un momento cosi’ amaro della sua vita.
By: albert on 4, settembre, 2009
at 11:18 PM
Segnalo questo articolo di Aldo Grasso su Avvenire
http://www.avvenire.it/Cultura/intervista+aldo+grasso_200909080827430570000.htm
Non sono affatto d’accordo con Grasso quando sembra equiparare l’ aggressione gratuita ed infondata, totalmente ad personam, del Giornale a Dino Boffo e la campagna di Repubblica con le famose “dieci domande”. Ricordo che l’ inchiesta di Repubblica nasce da -e segue a- alcune denunce precise, nemmeno provenienti dal mondo della sinistra:
1- l’ associazione FareFuturo, donne in politica vicine a Gianfranco Fini, che ha denunciato lo scandaloso reclutamento del personale politico tramite favori sessuali et similia
2- Veronica Lario che denuncia la stessa cosa a seguito della improvvisa comparsata del premier al compleanno di una minorenne, che non si capisce bene che rapporti abbia con lui (cioe’, in realta’ tutti l’hanno capito…)
3- La escort D’ addario mostra degli autoscatti nel bagno di Palazzo Grazioli e dimostra in vari modi di aver trascorso una notte col premier.
4- l’ ex senatore di Forza Italia/PDL Paolo Guzzanti parla esplicitamente di “mignottocrazia” come metodo consolidato.
A seguito di questi fatti Repubblica ha chiesto al premier di fare chiarezza su una questione pubblica e squisitamente politica. Le svariate risposte del premier e del suo entourage si sono piu’ volte contraddette e sono state smentite. Sono stati addirittura intervistati autodichiaratisi falsi fidanzati di Noemi sui giornali del premier e altre amenita’ del genere (i veri ex fidanzati hanno dichiarato cose molto imbarazzanti per il premier). Anche di queste manipolazioni Repubblica chiede conto.
Ditemi cosa c’entrano queste richieste di chiarimento, queste indagini su dichiarazioni false e palesi falsificazioni e contraddizioni con la campagna di un giornale (Il Giornale) che sostiene: Caro Boffo, devi stare zitto perche’ diversi anni fa hai avuto una vicenda giudiziaria, finita con un patteggiamento di 516 euro! non solo: spaccio per documento giudiziario un falso fabbricato chissa’ dove (ma tutti hanno capito che viene dal qualche torbido sottobosco dei servizi segreti) che peraltro era stato inviato alcuni mesi fa sulle scrivanie di alcuni vescovi (giustamente cestinato). Notare: la Presidenza del Consiglio controlla la galassia dei servizi segreti. E controlla anche il Giornale. Di qui una delle dieci domande, forse la piu’ inquietante e legittima di Repubblica.
Insomma: mi sembra che da una parte abbiamo una piu’ che legittima inchiesta giornalistica, che spesso ha anche risvolti in un privato che e’ sempre stato politicamente ostentato e dall’ altra una pura aggressione senza fondamento, in stile fascistoide e sovietico, a seconda dei gusti…
By: albert on 8, settembre, 2009
at 4:17 PM
Grazie della segnalazione. Ho letto l’articolo, che mi sembra un tentativo di mantenere una misura ed esprimere preoccupazione per il degrado. Tuttavia sono d’accordo con te: anche a me i due attacchi sembrano molto diversi, per peso, contenuto … ed efficacia (risulta che il Grande Dadaista si sia dimesso?). Ma naturalmente la mia opinione vale quanto quella di Grasso.
By: faustocolombo on 8, settembre, 2009
at 5:40 PM