Volevo titolare questo post “Siam pronti alla morte”. Don’t worry, non sto parlando di noi naviganti, e nemmeno di qualcun altro in particolare. Parlo del nostro inno e della sua ultima versione PDL, immortalata dalle telecamere:
So che ne ho già parlato, e non voglio pesare a nessuno. Ma penso che una piccola analisi sia necessaria. Un’analisi un po’ più formale, diciamo così.
Dunque: abbiamo un nuovo partito, importante, che raccoglie o può raccogliere circa il 40% dei consensi alle elezioni. Questo partito ha un leader che da quindici anni è sulla scena politica e che gode presso i suoi elettori di un grande prestigio, direi quasi di un affetto che si spiega solo con il carisma weberiano.
Il PDL, questo partito di cui parliamo, vanta di essere l’unico partito ad amare l’Italia, e per questo ribadisce (giustamente) il proprio (presunto) ruolo di amante unico del nostro Paese terminando la manifestazione con l’Inno di Mameli. L’inno è una cosa solenne. Mica è colpa nostra se suona datato, nella musica a marcetta e nelle parole. Ci sono inni migliori, ma anche peggiori. Comunque pensate a quando negli Stati Uniti, per una manifestazione sportiva, qualcuno canta l’inno e tutti, ma dico tutti, stanno in religioso silenzio. Pensiamo a come ci incazziamo quando fischiano il nostro inno prima delle partite della nazionale (è vero, qualche compatriota imbecille fa lo stesso con l’inno degli altri, ma pazienza). Insomma, dicevamo della solennità. Benissimo allora che i partiti italiani finiscano le loro manifestazioni con l’inno di Mameli.
Il capo è lì, raccoglie i suoi collaboratori (ministri e ministre, governatori e quant’altro, mica animatori del Club Med) tutti dietro di sé. Tutti cantano, sorridenti e compresi. A un certo punto la retorica dell’inno esplode in quel “Siam pronti alla morte”. Tutti cantano. Il leader pure. Ma a un certo punto fa quel gesto con la mano. Interpretazione: si, va bé, naturalmente non esageriamo.
Perfetto: lo spirito italiano che a qualche italiano fa schifo: quello dei mostri, della commedia all’italiana, quello che fa discorsi magniloquenti sugli spaghetti, le bellezze del Paese, le doti amatorie e poi naturalmente se si tratta di pagare le tasse, di non buttare le cartacce per terra dice non esageriamo, dai, sei sempre così serio.
Così così, come il Gassman de Il sorpasso: ma dai, scherziamoci sopra.
Ok, ma allora perché tutto l’ambaradan retorico, compreso il fatto che siamo gli unici ad amare il Paese, eccetera. Non è meglio scegliere fra la retorica e l’antiretorica? Credetemi, naviganti, ho capito finalmente qual è il mio problema. Mi fa schifo il così così.
che dire…in generale….anche a me il così così non piace.
il così così non è il risultato di una “non-scelta”?
forse sono eccessivamente decisionista…ma il così così, il più o meno, mi sembra creino una situazione di stallo che non porta da nessuna parte, sia nel bene sia nel male.
a quel punto o il silenzio o le parole…ma non la mediocrità, in molti casi frutto di superficialità.
buon vento
By: deboraviviani on 31, marzo, 2009
at 4:31 PM
ma siamo sicuri che il così così sia davvero il risultato di una non scelta??non potrebbe essere invece proprio una scelta ponderata, proprio di chi sta al potere, per potersi muovere a propria scelta da una posizione all’ altra…a seconda della convenienza?
anch’ io sono orientato verso il decisionismo…penso però che non si debba sottovalutare e stare attenti a coloro che si pongono nella terra di mezzo, a volte per mascherare una finta neutralità che potrebbe nuocere a noi cittadini…
Buon vento a tutti…
By: Mattia on 31, marzo, 2009
at 9:10 PM
Torniamo sul così così: penso che sia una volta di più un perfetto modello di identificazione per molte persone. Chi di noi non pensa che dietro la frase “morire per la patria” ci sia un po’ di retorica. Chi non ha sogghignato leggendo Leopardi nella sua versione più retorica “procomberò sol io”?. C’è dovunque questa tendenza, connessa a volte con il fastidio per chi, facendo il proprio dovere, passa per eroe (vedi il caso Saviano, oggi), e quindi dà l’impressione di tirarsela. Ma sono piccole banalità. VOglio dire che questa lettura spicciola aiuta a capire la legittimità comunicativa del così così. Il problema è la legittimità istituzionale. Io penso che chi rappresenta le istituzioni abbia il dovere di comportarsi in modo più alto rispetto al cittadino comune. Invece quello che funziona, nell’Italia triviale, è+ comportarsi esattamente come il cittadino comune. E’ questo che mi pare pericoloso, al di là della collocazione politica, al di là del singolo protagonista.
By: faustocolombo on 1, aprile, 2009
at 8:50 am
credo che qusto modo di comunicare sia una tendenza nata con la nascita dei così detti catch all parties, i partiti piglia tutto, che appunto allo scopo di coinvolgere il cittadino medio puntano sulle stereotipizzazioni tipiche della società; consapevoli che l’identificazione partitica è venuta meno, i politici attuali agiscono “apparentemente” allo sbaraglio, puntando non su una classe precisa e dunque su proposte precise tramite una comunicazone costruita ad hoc, ma perseguendo l’obiettivo di catturare più consenso possibile:facile. oggi la maggioranza delle persone e indecisa e necessita di risposte veloci. ecco che la comunicazione per persone bisognose di sicurezza e di punti di riferimento non può che esplicitarsi facendo leva sui stereotipi.Gli stereotipi semplificano senza che ce ne rendiamo conto e per questo sono pericolosi…nascondono le sfaccettature della realtà sociale.
Quindi secondo me siamo davanti ad una strategia ben precisa, che vuole intrappolarci volendo persuadendoci di incarnare IL-nuovo-modello-di-comunicazione-politica. La tendenza pericolosa è proprio che questo modo di comunicare contagi sempre di più anche l’opposizione (per carità, livelli racappriccianti e imbarazzanti, come l’esempio dell’inno, sono a dir poco unici e ineguagliabili) come l’utilizzo dei sondaggi ha già dimostrato (mi riferisco al fatto che il sondaggio, strumento principale di silvio berlusconi nelle sue campagne politiche precedenti è stato utilizzato anche da altri leader dell’opposizione, vedi Veltroni o Fassino).
Ci propinano stereotipi. Per farci diventare mansueti e facili da gestire. La risposta comunicativa deve per forza essere alternativa nei presupposti e nelle forme…
By: el on 1, aprile, 2009
at 1:33 PM
Sono d’accordo che questa filosofia del così-così sia comunque frutto di una scelta. ma mi sembra soprattutto una scelta di non-scelta.
e paradossalmente, questo modo di comunicare mi sembra un parlare senza dire …
Quello che bisognerebbe capire è perchè chi rappresenta il potere segue i comportamenti del cittadino comune…come dici tu Fausto (NB: !!!) ci si dovrebbe aspettare un comportamento diverso..il classico buon esempio…ma perchè non è così?
forse è un modo per essere sicuri di venire accettati e quindi votati (in fin dei conti se tu ti comporti in un modo che riconosco “come il mio” non ti apprezzo forse di più??!?!?)
……chissà….mi sembra ora di navigare tra il così così…
By: deboraviviani on 1, aprile, 2009
at 1:46 PM
stiamo parlando di Berlusconi, che in 20 anni ha cambiato con mezzi più o meno leciti il panorama mediatico (italiano) e non solo. Il gesto della mano mi pare rientrare in quel tentativo fino ad ora riuscito di includere più soggetti possibile tra i suoi “fan”. L’inno renderà contento il fiero nazionalista, la mano tranquillizzerà chi per la patria non è neanche disposto a pagare le tasse e l’amico imprenditore. Il cittadino comune a cui si ispira il presidente del consiglio mi pare il consumatore che le sue tv hanno definito. La spettacolarizzazione della politica è anche questo: leggo giusto oggi che un altra “velina” entra nel Pdl e si candida per le europee. appunto.
By: davide f. on 1, aprile, 2009
at 2:06 PM
giusto, giustissimo. e poi qcsa si deve dire, si deve fare. mettiamo in circolo informazione e riflessioni, finchè ne abbiamo. d entrambe. trovo la filosofia del cosìcosì affine alla caratteristica italiana evocata da Israely in un articolo del Time dello scorso febbraio.
e la trovo drammatica.
il vero orrore lo provo quando la sorprendo in me stesso. x’ so ke, in quel caso, non è frutto di una scelta.
e da dove arriva allora? son terrorizzato dalla componente che la tv ha assunto nella mia formazione.
metto in circolo.
By: paolo d.'o. on 1, aprile, 2009
at 10:44 PM